CHI E’ KAMADEVA – introduzione
Kama, chiamato anche Kandarpa, Kanideo e Manmadin, è presentato a volte come il figlio di Brahma, altre come il figlio di Visnu e altre volte di Shiva; sua madre è Maya, il potere d’attrazione.
E’ la divinità che presiede all’Amore e con il suo arco (rappresentazione molto simile al cupido latino) e le sue cinque frecce di fiori invia desideri che illanguidiscono il cuore. E’ l’incarnazione del Desiderio e come tale è il Signore e Padrone della Terra così come delle Sfere Inferiori. Ha un’incantevole compagna, Rati, colei che rappresenta la Lussuria.
La Primavera, Vasanta, è il divino comandante del suo esercito. Con la sua brezza del Sud, fa fiorire ogni cosa e soavizza tutte le creature facilitando l’attacco delle sue sublimi frecce.
Nel piano carnale, agisce attraverso il mistero del sesso, in quello più elevato nella volontà creatrice.
Kamadeva è il primo desiderio cosciente che tutto abbraccia per il bene universale; l’amore, ma per tutto ciò che vive e che sente, che ha bisogno di aiuto e di benevolenza. A tal proposito dice il Rig-Veda: “Per primo sorse in esso il desiderio, che era il germe primitivo della mente e che i Saggi, indagando con il loro intelletto, hanno scoperto nel loro cuore come il legame che unisce l’Entità alla non-Entità”. In questo concetto non vi è alcuna idea di amore sessuale. Kama è preminentemente il desiderio divino di creare felicità ed amore; e fu solo secoli più tardi, quando l’umanità cominciò a materializzare con l’antropomorfizzazione i suoi più elevati ideali in dogmi concisi e secchi, che Kama diventò il potere che gratifica il desiderio sul piano animale. Ciò è dimostrato da quanto è scritto nei Veda e da alcuni Brahmana. Nell’Atharva Veda, Kamadeva è rappresentato come la Divinità Suprema ed il Creatore. Nel Taitariya Brahmana, Kama è il figlio di Dharma, dio della Legge e della Giustizia, e di Sraddha, la fede. In un altro racconto, egli sorge dal cuore di Brahma. Altri lo mostrano nato dall’acqua, cioè dal caos primordiale, o “Abisso”.
MITO DI KAMADEVA
Kama, divenuto per Shiva il nemico più pericoloso, venne incenerito dallo stesso perché ha tentato di interferire con la pratica ascetica di quest’ultimo, instillandogli il desiderio perturbatore che andava contro alla pace interiore che ricercava. Gli altri dei implorarono Shiva di riportare in vita Kama ma lui rispose: “Ho incenerito Kama con lo scopo di offrire pace a tutte le creature e non voglio risuscitarlo, perché è il male alla radice di tutte le miserie” (il desiderio provoca una certa dose di sofferenza). “Senza Kama, l’uomo non può compiere il male”. Il desiderio si andava frapponendo tra Shiva e il suo scopo, il tapas (la pratica) perfetto, e dunque era da considerarsi diabolico (nel concetto di diaballo ossia ostacolo). Shiva si trovava ad affrontare quello che più odiava e temeva in quanto asceta. Gli altri dei, giocando il ruolo di interventi razionali compensatori della psiche, gli rammentarono che l’universo era proprio conseguenza del desiderio. Proclamavano anche i rshi vedici: “Il desiderio fu il primo germe della mente” . Kama è motore della vita: senza desiderio non può esserci esistenza.
Shiva non era pronto ad accogliere questa verità perché non in grado di confrontarsi con il desiderio. La sua ascesi è controllata dalla rigida censura del Super-io che impedisce ogni irruzione dell’inconscio. La Dea lo indusse però ad affrontare il problema e Shiva accettò di restituire la vita a Kama, ma solo sotto forma incorporea (a rappresentazione dell’io che sublima l’impulso istintuale in modo da potere utilizzare l’energia libidica per altri scopi). Ma il percorso di Shiva non si fermò qui: Shiva fu sconvolto dalla passione e dall’amore, come tutti gli esseri, e sposò Parvati e nel momento delle nozze Shiva restituì a Kama la sua forma visibile e corporea, accogliendo in sé la completezza dell’amore che è ben più di mero desiderio. L’incontro con Parvati, simbolo dell’Anima, dissolvette la scissione difensiva che Shiva asceta aveva attuato nei confronti del mondo emozionale, aiutandolo a riaccogliere la parte rimossa. Illuminata dalla coscienza, la pulsione erotica si trasforma e diventa tensione verso l’unità e la completezza: Ardhanarishvara, che racchiude in un unico essere Shiva e Parvati, ne è il simbolo più esplicito.
Tratto da uno scritto di Sibilla Mannarelli